DATATA NORMATIVA IN TEMA DI REQUISITI DEL CONFINANTE COLTIVATORE DIRETTO NELL’AMBITO DELLA PRELAZIONE AGRARIA: UNA NOVELLA TRASCURATA

Avv. Piero Bassi – Dott.ssa Claudia Iaquinto

Abstract: l’articolo che segue, dopo un excursus sul quadro normativo che interessa la qualifica del confinante coltivatore diretto, tratta in particolare della L. n. 154/2016 che ne ha specificato i requisiti pur essendo ignorata dalla dottrina  e dalla giurisprudenza.

Fin dall’istituzione del diritto di prelazione agraria nel 1965 con la L. n. 590, che affermava che in caso di vendita di terreni agricoli concessi in affitto a coltivatori diretti, a mezzadri, coloni o compartecipi, questi, a parità di condizioni, hanno diritto di prelazione purché coltivino direttamente il fondo da almeno due anni e non abbiano venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, e che, con la propria famiglia, abbiano una capacità lavorativa pari al triplo della loro superficie, venivano definiti coltivatori diretti coloro i quali “direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all’allevamento ed al governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per la normale necessità della coltivazione del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame.”

In seguito, con l’art. 7 della L. n. 817/1971,[1] il diritto di prelazione del conduttore è stato esteso al proprietario confinante coltivatore diretto con i terreni offerti in vendita, qualora sugli stessi non vi fosse la presenza di un conduttore coltivatore diretto.


[1] Art. 7 L. n. 817/1971, nella versione originaria “Il termine di quattro anni previsto dal primo comma dell’articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, per l’esercizio del diritto di prelazione è ridotto a due anni.

Detto diritto di prelazione, con le modifiche previste nella presente legge, spetta anche:

1) al mezzadro o al colono il cui contratto sia stato stipulato dopo l’entrata in vigore della legge 15 settembre 1964, n. 756;

2) al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti.

Nel caso di vendita di più fondi ogni affittuario, mezzadro o colono può esercitare singolarmente o congiuntamente il diritto di prelazione rispettivamente del fondo coltivato o dell’intero complesso di fondi”.


[1] Art. 7 L. n. 817/1971, nella versione originaria “Il termine di quattro anni previsto dal primo comma dell’articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, per l’esercizio del diritto di prelazione è ridotto a due anni.
Detto diritto di prelazione, con le modifiche previste nella presente legge, spetta anche:
1) al mezzadro o al colono il cui contratto sia stato stipulato dopo l’entrata in vigore della legge 15 settembre 1964, n. 756;
2) al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti. Nel caso di vendita di più fondi ogni affittuario, mezzadro o colono può esercitare singolarmente o congiuntamente il diritto di prelazione rispettivamente del fondo coltivato o dell’intero complesso di fondi”.


Per molto tempo dall’entrata in vigore di tale norma, la giurisprudenza si è affaticata per definire esattamente in cosa consistesse la qualifica di coltivatore diretto, sia per la prelazione del conduttore, sia per quella del confinante e, con riferimento alla L. n. 590/1965 sopra citata, l’ha intesa come quella di chi trae dall’attività agricola e dall’allevamento del bestiame l’unico reddito lavorativo.

Con l’avvento della L. n. 228 del 2001 è poi stata istituita la figura dell’imprenditore agricolo a tiolo principale o professionale (per l’appresso IAP), identificandolo in colui che trae dalla detta coltivazione agricola un reddito prevalente. Tale principio è sempre valso anche per escludere la prelazione del confinante qualora sul terreno offerto in vendita vi fosse la presenza di un coltivatore diretto in senso stretto, identificato a tale stessa stregua.

Tutto ciò è stato poi oggetto di una diversa e più precisa specificazione, con l’emanazione della L. n. 154/2016 che, col proprio art. 1 terzo comma[2], ha aggiunto all’art. 7, secondo comma, della L. n. 817/1971, il n. 2 bis, chiarendo che, quanto alla qualifica del prelazionante confinante fosse sufficiente, accanto a quella di coltivatore diretto, quella di IAP.

Pertanto, la novella del 2016 ha specificato che, quanto al confinante (e quindi solo ad esso) è ammessa ai fini della prelazione, la qualifica di IAP, chiarando quindi che il prelazionante coltivatore non possa essere altro che il coltivatore diretto previsto nella normativa del 1965, ora definito quale “coltivatore attivo”. Il fatto che, dunque, il coltivatore prelazionante debba essere coltivatore diretto in senso stretto, presuppone che tale caratteristica debba esserci nel coltivatore insediato, la cui presenza esclude, quindi, ripetesi, la sussistenza della prelazione in capo al confinante, coltivatore diretto o IAP che sia.


[2] Comma 2-bis) aggiunto dalla L. n. 154/2016, art. 1, coma 3°, detto diritto di prelazione, spetta anche “all’imprenditore agricolo professionale iscritto nella previdenza agricola proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari compartecipanti o enfiteuti coltivatori diretti.”


Quindi, con un’interpretazione evolutiva del sistema, il diritto di prelazione, di cui alla Legge del 1965, poi esteso al confinante con la Legge del 1971, la suddetta Legge n. 228/2001, con la modifica della definizione di imprenditore agricolo data dal codice civile (che definisce come attività agricole anche le prestazioni di servizi fornite mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature e risorse dell’azienda che di solito sono impiegate nell’attività agricola esercitata, comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale), è stato riconosciuto al confinante anche se solo IAP in assenza di un coltivatore diretto insediato, intendendosi, per questo, il coltivatore attivo che, oltre il reddito agricolo, ha redditi lavorativi marginali, non superiori al reddito catastalmente riconosciuto ai terreni da lui coltivati.

Pertanto, la novella del 2016, con l’aggiunta del sopra citato numero 2-bis all’art. 7 della L. 817/1971, ha la caratteristica di interpretazione autentica, in quanto va ad estendere la possibilità di prelazione anche all’imprenditore agricolo confinante, ma non all’imprenditore agricolo conduttore (oggi solo per l’affittuario, come disposto dall’art. 27 della L. n. 203/1982[3]).


[3] Art. 27 L. 203/1982: “Riconduzione all’affitto.
Le norme regolatrici dell’affitto dei fondi rustici si applicano anche a tutti i contratti agrari, stipulati dopo l’entrata in vigore della presente legge, aventi per oggetto la concessione di fondi rustici o tra le cui prestazioni vi sia il conferimento di fondi rustici
.”.


E’ bene sottolineare pero, che, allo stato, la normativa del 2016 risulta quasi totalmente ignorata dalla giurisprudenza in quanto nessuna sentenza edita, ancora oggi, c’è sull’oggetto, come non c’è dottrina che abbia fornito una interpretazione e divulgazione di tale norma, il che spinge il professionista che deve addentrarsi in tale materia ad utilizzare lo schema dell’interpretazione autentica della legge (come visto sopra), col confronto con la normativa e giurisprudenza più antica.

Si vuole soggiungere che i giudici, che ignorano questa normativa, quando si sentono costretti ad istituire una consulenza tecnica per chiarire se un certo soggetto abbia o meno la qualifica idonea per prelazionare o per escludere l’altrui prelazione, non fanno distinzioni, usando le formule sempre utilizzate dall’entrata in vigore dalla L. n. 590/1965 e, se debbano fare qualche specificazione legislativa, fanno riferimento quasi esclusivo all’art. 31 di tale stessa legge, mentre sarebbe auspicabile che facessero espresso riferimento al combinato disposto dell’art. 8, comma 1 della n. 590/1965 e dell’art. 7, 2° comma, L. 817/1971, con la modifica apportata dalla L. n. 154/2016, diffondendo così i nuovi principi fra gli addetti, compresi gli avvocati, e ciò per evitare, per l’appresso, ulteriori motivi di appello alle cause agrarie le quali, sul piano dei tempi di definizione, sono già in prima fila quanto alla lunghezza dei tempi di definizione.

Il risultato è che, quindi, il giudice istituisce l’impianto probatorio per chiarire la qualifica di coltivatore diretto del conduttore e quella del coltivatore diretto confinante, utilizzando un criterio univoco, senza fare alcuna distinzione tra le qualifiche dei due prelazionanti, ritenendo quindi che sia esclusa la prelazione del confinante anche quando sul fondo offerto in vendita sia insediato un semplice IAP, mentre, qualora si volesse vendere un terreno agricolo la legge esclude esplicitamente la prelazione del confinante solo se sul terreno fosse insediato un coltivatore diretto in senso stretto.

Il venditore non potrà quindi decidere liberamente a chi vendere il terreno, ma dovrà accordare la propria preferenza in virtù delle seguenti categorie di soggetti:

  • In primis agli eventuali affittuari se possiedono (oltre tutti gli altri requisiti) la qualifica di coltivatore diretto in senso stretto, quale coltivatore attivo, inteso come colui che si dedica alla coltivazione del terreno o all’allevamento del bestiame, attraverso il proprio lavoro e quello dei familiari, come disposto dall’art. 31 della L. n. 590/1965;
  • o, qualora non vi sia insediato un affittuario coltivatore diretto, il beneficio spetta al confinante il quale dovrà dimostrare di rivestire la qualifica di coltivatore diretto e possedere un terreno agricolo confinante con quello offerto in vendita, o di società agricola di persone in cui almeno la metà dei soci è in possesso della qualifica di coltivatore agricolo oppure dovrà possedere almeno la qualifica di IAP, come sopra descritta.

Avv. Piero Bassi

Dott.ssa Claudia Iaquinto